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Folla in partenza |
Premetto una cosa, anzi due, lo faccio subito per evitare fraintendimenti e inutile confusione. La prima è che ragiono a titolo personale, io la vedo così e non è detto che abbia ragione o torto, la vedo semplicemente così. La seconda è che, magari, qualcuno si rivedrà in quel che scriverò, me è normale. I miei pensieri nascono dal leggere gli altri blog, dalla frequentazione di altri corridori, e da tanti anni in questo mondo un po' folle e bellissimo, del quale sono orgoglioso di farne parte.
Negli ultimi anni la maratona ha assunto un'importanza molto diversa da quella che era anche solo vent'anni fa. Io non sono un fan sfegatato della maratona, non è stata la mia prima gara (anche perchè avevo 14 anni quando ho iniziato...) e mi ci sono avvicinato senza nessuna fretta, con rispetto se non timore. Nel mondo amatoriale a volte la preparazione era davvero approssimativa, sentivo e vedevo gente prendere delle sonore legnate in quella gara. Il muro del 35°km, soglia più o meno fisiologica della fine del glicogeno, era un muro altissimo e quasi invalicabile.Per cui quando a 24 anni decisi di andare a New York con altri amici decisi di arrivarci il più preparato possibile. Non avevo allenatori allora, così mi comprai il libro "La maratona - Allenamento e alimentazione" del dr Enrico Arcelli. Se non è diventato una bibbia poco ci è mancato, mi ha aperto un mondo, su metodi di allenamento, esplicazione dei diversi lavori e dei loro effetti, alimentazione.
Mi sono fatto una tabella, un po' carica a dire il vero, tant'è che sono andato in forma prima e a New York ero stanco e in calo, ma insomma non mi posso lamentare. Ero carico e motivato a mille, in quei 4 mesi mi sono allenato all'alba, ho perso peso, mi sono potenziato, ho fatto un sacco di lavori specifici noiosi come se stessi facendo un gioco divertente. E' incredibile la testa. Ho fatto il personale sulla mezza che da allora non riesco a infrangere (1h19'34") e alla partenza di New York ero agitato ma non troppo per essere un esordio su quella distanza. Fino alla mezza non avevo buone sensazioni, passai in 1h31' ma senza facilità, poi sul Queensborough Bridge, al 26°km, la svolta, ho iniziato a sentirmi leggero e le gambe a girare facili facili. Anche troppo perchè ho corso i successivi 10km in 40' sull'onda di un entusiasmo folgorante. L'ingresso in Central Park era prima rispetto ad ora, e si faceva una salitella di 150m circa bella ripida, erta che mi ha fatto capire che non ne avevo ancora per tanto. Infatti al 39° ho rallentato sensibilmente, al 40° ero a 2h48' e ho percorso i 2km successivi in 11' più o meno, chiudendo in 2h59'33". Felice e soddisfatto come non mai, stanco certo ma non morto, un esordio direttamente sotto le 3 ore valeva oro.
Ma quella soddisfazione ha portato con sè anche un appagamento che alla lunga mi ha appesantito, tant'è che tra infortuni e crisi personali ne ho corsa un'altra solo 12 anni dopo, con pessimi risultati, e una terza 5 anni più tardi, portando il personale a 2h55' ma arrivando davvero stanco, anche di testa anche se con una soddisfazione che rasentava il nirvana. Tra meno di un mese andrò a NY per la terza volta, per NON fare la maratona, l'infortunio non me lo permette, e quel poco di lucidità mentale mi consiglia di non fare cazzate con un'autonomia massima di 55 minuti di corsa, non vale la pena.
Perchè tutto sto racconto? Perchè ci sono alcune cose che non capisco, non dico che sono giuste o sbagliate ma semplicemente non le capisco. Noto che chi si avvicina tardi alla corsa ha, come primo obiettivo, la maratona, è una regola quasi ferrea. Ci sono tante gare più brevi, che possono dare il tempo al corpo e alle articolazioni di adattarsi al movimento, che posso far capire quanto sia usurante stare sulle gambe dalle 3 ore in su, fino a 5 o 6 ore a volte! Non è uno scherzo, nè fisicamente nè mentalmente, e avvicinarsi con cautela sarebbe meglio, e invece no. Ho visto tante meteore correre come i pazzi per 2 o 3 anni, apparire dal niente, andare forte, correre tutti i giorni se non due volte al giorno e poi smettere, di botto, perchè le ginocchia e le cartilagini non hanno avuto il tempo di adattarsi e si sono frantumate.
Noto la fissazione di almeno due maratone l'anno, almeno due, tralasciando totalmente la possibilità di migliorarsi facendo altre distanze, più brevi e veloci, meno usuranti e più "divertenti". Specialità come le campestri, i 5000 o i 10.000, dove serve usare diversamente la frequenza e l'ampiezza della falcata, dove si deve correre a ritmi e pulsazioni differenti, dove si impara ad usare le braccia in corsa, ad usare bene i piedi, dove diventa fisiologico aumentare la propria soglia anaerobica, tutti passaggi fondamentali per partire a preparare una maratona, da un gradino più alto della volta precedente. E invece pare che l'unica gara sia la maratona, o la mezza. Perchè? Non so. E' come fissarsi a mangiare sempre lo stesso piatto, quando abbiamo bisogno di più alimenti.
Sarà che adoro variare, sarà che quando finisco le campestri a marzo le gambe sono molto forti e, su strada, corro con una forza che non avevo a novembre, sarà che la maratona per me è una delle gare, non la gara, e che come tale faccio quando sento di poter affrontare la preparazione, non la gara in sè che è in fondo una liberazione. Varietà, migliorare tanti parametri per migliorarsi in generale, curare tanti aspetti, dallo stretching al potenziamento per ridurre, il più possibile gli infortuni, che comunque, a volte, arrivano. E darsi il tempo di metabolizzare gli allenamenti, di capire se il recupero (importantissimo) c'è stato o necessitiamo di qualche giorno in più, di capire i ritmi, la tecnica di corsa... troppa roba? No, è solo la corsa.
Urca, quanto ho scritto, non ho voglia di rileggere, perdonate gli errori.